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Gli anime in Italia: un viaggio tra J-culture e Controversie

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad aprire le porte all’animazione giapponese, comunemente conosciuta come anime. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, oltre un centinaio di serie furono importate, sia dalla Rai che dalle emittenti private liberalizzate nel 1976, come le reti che sarebbero diventate Fininvest. Questa massiccia introduzione è stata definita una pacifica “invasione” culturale.

La penetrazione degli anime in Italia iniziò con la proiezione di lungometraggi nei cinema già dai primi anni ’60.

Il primo film anime a uscire nelle sale italiane fu Le 13 fatiche di Ercolino (Saiyuki) nel 1962. Seguirono altri classici come Le meravigliose avventure di Simbad (1964), Le meravigliose favole di Andersen (1968), La grande avventura del piccolo principe Valiant e Il gatto con gli stivali (1969), e Leo – Il re della giungla (1972), un montaggio della serie Kimba – Il leone bianco. Questi film venivano spesso proiettati durante le matinée domenicali o presentati come prodotti americani.

La svolta decisiva nella diffusione degli anime in Italia avvenne nella seconda metà degli anni ’70, con l’importazione di serie televisive.

Il 15 settembre 1975, la televisione svizzera in lingua italiana iniziò a trasmettere Barbapapà, seguita dalla Rete 2 Rai nel gennaio 1976. Questa serie diventò la prima anime giapponese trasmessa in Italia. Subito dopo seguirono altre serie come Vicky il vichingo (1976), Kimba – Il leone bianco (1977), Heidi e Atlas UFO Robot (1978).

La Questione della Censura

A partire dagli anni ’80, l’animazione giapponese trasmessa in Italia subì una censura sistematica, soprattutto sulle reti nazionali (RAI e Fininvest/Mediaset). Questo fenomeno era dovuto a un malinteso culturale che vedeva l’animazione come un mezzo rivolto esclusivamente ai bambini. Di conseguenza, molte serie anime destinate a un pubblico adulto o adolescenziale venivano adattate per un target infantile, con traduzioni superficiali, tagli di scene e riscritture dei dialoghi. Questa censura fu supportata da associazioni come il Moige (Movimento Italiano Genitori) che consideravano gli anime inappropriati per i bambini. In risposta, gruppi di appassionati si organizzarono per difendere l’integrità delle opere originali.

Second Impact: La Rinascita degli Anime in Italia

Nella seconda metà degli anni ’90, il mercato home video contribuì a colmare il ritardo nella distribuzione di nuovi anime in Italia, fenomeno definito come il “Second Impact” dell’animazione giapponese. Dal 1999, reti nazionali come MTV Italia iniziarono a trasmettere regolarmente anime, grazie ad accordi con editori italiani come Dynit, Panini Video e Shin Vision. Questo periodo vide l’introduzione di maratone e settimane tematiche dedicate agli anime, che contribuirono a una maggiore diffusione e apprezzamento di questo medium.

L’Era Digitale e l’Impatto Culturale

Con l’avvento della televisione digitale terrestre e di internet, l’accesso agli anime si ampliò ulteriormente. Reti come Rai 4 iniziarono a trasmettere anime in versione integrale, mentre piattaforme digitali come Man-ga e Anime Gold offrivano canali tematici dedicati. Negli ultimi anni, internet è diventato un canale distributivo globale per gli anime, attraverso servizi di streaming legali e, purtroppo, anche tramite la diffusione illecita di contenuti sottotitolati da gruppi di fansub.

L’animazione giapponese ha avuto un profondo impatto sulla cultura giovanile italiana, diventando un punto di riferimento generazionale e creando quella che si definisce come “JCulture“.

Le sigle degli anime, spesso realizzate da musicisti italiani come Vince Tempera e Cristina D’Avena, sono diventate un fenomeno discografico a sé stante. Questo ha contribuito a un revival delle sigle negli anni ’90, con l’emergere di gruppi musicali dedicati e un rinnovato interesse per queste melodie nostalgiche. L’invasione degli anime in Italia ha rappresentato un fenomeno culturale di vasta portata, con un impatto duraturo sulla cultura popolare e giovanile. Nonostante le controversie e le censure, gli anime hanno trovato un pubblico affezionato e hanno contribuito a una maggiore comprensione e apprezzamento dell’animazione giapponese come forma d’arte.

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